Quando si chiude una porta…

QUANDO SI CHIUDE UNA PORTA, SI APRE UN PORTONE

Un modo di dire che tutti conosciamo nel suo significato di esortazione a non preoccuparsi per un’opportunità persa, perché proprio lì sta il punto di partenza per accedere a situazioni migliori.

In questa interpretazione è implicito anche il suggerimento a non soffermarsi troppo a guardare con rimpianto la porta che si è chiusa per non lasciarsi sfuggire quella che si sta aprendo.

Oggi, però, vorrei proporre un’interpretazione un po’ differente, e per farlo dobbiamo usare un pizzico di fantasia… Proviamo a immaginare una condizione dove effettivamente, chiusa una porta, si apra un portone.

A me, per esempio, viene in mente un castello, dove la prima porta racchiude l’ambiente in cui si vive e la seconda, posta nelle mura di cinta, separa il mondo interno da quello esterno.

In questo scenario vedo delinearsi il mio protagonista. Forse è un principe o una principessa, poco importa ai fini della storia. Ciò che conta è che, un bel giorno, il nostro eroe si rende conto che la vita lì dentro gli riserverà ben poche sorprese. Il suo ruolo è già stato definito, il suo destino tracciato. Cosa fare per cambiare qualcosa? Cosa, per inventare e scrivere un copione nuovo, una storia sua?

Decide, così, di ribellarsi, di infrange la lealtà familiare, e uscire dal castello.

Probabilmente contro la volontà dei suoi genitori.

Probabilmente sbattendo la porta.

È a questo punto che, attraversando il cortile, vede spalancarsi davanti a sé il portone.

Un portone che si affaccia su un avvenire ancora da inventare, passo dopo passo.

Ecco che il detto “quando si chiude una porta, si apre un portone” si trasforma in “quando abbiamo il coraggio di chiudere una porta, allora si può aprire il portone”.

Ma non accade per caso né per il fato e neanche grazie al genio della lampada.

Accade perché abbiamo il coraggio di uscire da un luogo sicuro (non è detto che sia anche un luogo felice, è sufficiente che sia noto per renderlo più sicuro dell’ignoto), disubbidire ai genitori (è un istinto naturale, non è necessario che siano degli aguzzini), infrangere la lealtà familiare (che non vuol dire rinnegare o abbandonare, ma semplicemente concedere a se stessi il privilegio di essere ciò che si è piuttosto che la replica di qualcun altro) e poi iniziare a viaggiare per il mondo… scoprire se stessi… realizzare i propri sogni.

Ci sono molte varianti di questa storia, il castello può essere una cascina in campagna o un condominio di città, il protagonista può essere donna o uomo, giovane o adulto, la vita in famiglia può essere felice o terribile, i rapporti pacifici o battaglieri, ma sempre, se non si imbocca la via d’uscita, chiudendosi una porta alle spalle, non si potrà spalancare quel portone che tutti sognano e pochi oltrepassano…

Buon Viaggio!

Samantha

“E, i proverbi, signor conte, sono la sapienza del genere umano”.

Alessandro Manzoni, I promessi sposi